Un anno dopo, Cremonini l’è semper un etar quel!

CesareBallo

Cesare e Ballo sul palco dell’Unipol Arena

Era il 6 novembre dello scorso anno e in quell’occasione, davanti al pubblico di casa, sembrava che Cesare Cremonini avesse raggiunto l’apice della sua carriera nel corso dello straordinario concerto-evento nella sua Unipol Arena. Già, sembrava. Perché esattamente dodici mesi dopo, nello stesso posto, Cesare ha alzato di un’ulteriore tacca l’altezza della sua asticella e l’ha agevolmente superata atterrando morbido morbido sul materasso degli undicimila cuori urlanti di Casalecchio, incantati da uno show semplicemente perfetto in cui il re del pop italiano non si è risparmiato, regalando due ore e un quarto di musica e di grande spettacolo. D’altra parte, parlando del suo ultimo lavoro in studio Logico, lo stesso Cremonini lo aveva descritto come un punto di partenza, non certo di arrivo, attorno al quale definire la propria identità di artista. Un artista che rispetto a un anno fa ha solo quattro nuovi brani in repertorio (gli inediti del live Più che logico che dà il nome a questo tour) di cui tre su quattro entrano prepotentemente in scaletta, ma ha soprattutto una nuova dimensione da performer, quasi da showman.

Perché oltre a cantare e suonare, e ci mancherebbe altro, Cesare parla, racconta, intrattiene. Rispetto all’anno scorso non c’è più Joe Tacopina, volato qualche chilometro più in là sulla laguna, ma resta l’amore per il Bologna e per Bologna che trasuda da tutte le canzoni. Delizioso quando gigioneggia con le ragazze (non si vedevano lanci sul palco di reggiseni, rigorosamente rossi, dai tempi d’oro dei Duran Duran) lamentandosi del fatto che secondo Spotify il suo pubblico è prevalentemente maschile, e rivendicando simpaticamente di aver dato vita ai Lùnapop proprio per avere ragazze ai suoi concerti. “Io non dovrei stare qua sopra – spiega Cesare visibilmente commosso – dovrei stare giù in mezzo a voi, dove ho visto decine di concerti e partite di basket”. E si vede che gli si muove davvero qualcosa dentro davanti alla folla dei suoi concittadini.

Rispetto a quella del 2014, la scaletta del concerto viene intelligentemente reinventata ma non stravolta: restano i momenti migliori, sapientemente rivisitati, entrano piacevolissime sorprese come Le tue parole fanno male e Maggese, entrambe dall’album omonimo, ed escono altri pezzi, con tagli a volte dolorosi come quelli che riguardano I Love You e la meravigliosa Fare e disfare; in una convincente alternanza tra momenti intimi con Cesare solo al piano e momenti corali in cui l’imponente band che lo accompagna dà il meglio di sé. Come da prassi, l’avvio del concerto è affidata al singolo più recente, in questo caso Lost In The Weekend che anche nella sua dimensione live conserva intatta l’atmosfera eighties che le regala l’orgia di sintetizzatori. Dopo la lunga intro, Cesare compare a sorpresa dal nulla salendo da una buca posta alla fine della passerella che porta in mezzo al pubblico, immobile come una statua, che prende vita ballando proprio quando entra la batteria. Delirio. Con l’atmosfera già bollente (che Cesare sfida continuando ad indossare imperterrito la giacca dorata nonostante i goccioloni di sudore) la scaletta continua a battere il ferro: Il comico (sai che risate) è il primo brano che fa esplodere i cori di Casalecchio mentre l’accoppiata seguente, Dicono di me e Padre/Madre, ricalca esattamente la sequenza di un anno fa. In particolare nella canzone dedicata ai suoi genitori, Cremonini offre una performance intensissima e piena di pathos, a dimostrazione di come anche un pezzo veloce e di matrice evidentemente rock possa essere interpretato con l’anima.

Dopo quattro pezzi adrenalinici è il momento di riposare un po’ mani e gambe, ma non le voci, ed è una graditissima sorpresa a regalare, dieci anni dopo l’uscita di Maggese, il primo momento intimo della serata: Le tue parole fanno male che con le sue immagini fortemente evocative ed insolite (le cariche esplosive al posto delle margherite, per esempio) offre una lucidissima riflessione sul potere delle parole, che possono fare male, fare sanguinare (ma non morire) ma possono soprattutto curare la fame d’amore. Un capolavoro di poesia. Poi prosegue l’alternanza tra brani rock (Non ti amo più in cui Cesare torna ad imbracciare la Fender) e intimi, ed è La nuova stella di Broadway, un altro dei tanti capolavori del suo repertorio, a trasformare la Unipol Arena in un teatro di Manhatttan. E pensare a Broadway e all’America porta immediatamente la mente alle praterie del continente nuovo, alle strade impolverate di una traversata coast-to-coast, a un road trip con gli amici, con tanto amore da condividere. E allora Buon viaggio (Share the love) a tutti! Da parte di due amici veri, Cesare e Nicola, con Ballo che affianca il suo front man sulla passerella, portando a spasso il suo banjo che dà al brano proprio quel sapore lì, di saloon, di Louisiana e di profondo sud. Ma la strada da fare è ancora tanta ed è ancora presto per amarne il finale.

Intanto in fondo alla passerella è comparso un pianoforte che annuncia un primo momento acustico: è Figlio di un re in una versione lenta e confidenziale come nell’arrangiamento dello scorso anno, atmosfera da night club di qualche tempo fa, luci soffuse, fumo, le note del piano punteggiate dalla tromba di Andrea Giuffredi, la voce di Cesare venata di malinconia mentre canta che soltanto l’amore può farti guarire. Poi, con grande eleganza, Cesare presenta 46 spiegando semplicemente che si tratta di una canzone per un amico, eseguita da solo al piano nell’entusiasmo dell’arena, per poi glissare sulle polemiche di questi giorni con un semplice e sobrio “Io sto con Vale” che gli vale una lunga ovazione del pubblico. Che poi è altrettante bravo a stoppare, dopo essersela giustamente goduta, prima che degeneri in cori che non c’entrano nulla con la musica, approfittando invece del momento per un doveroso, ma non per questo meno bello, omaggio a Marco Tamburini, il trombettista che lo aveva accompagnato nel tour del 2014, prematuramente e improvvisamente scomparso in un incidente a Bologna lo scorso maggio. A lui è dedicato uno dei brani più personali ed intimi di Cesare: Vieni a vedere perché.

Dopo un momento così intenso, immancabilmente riparte la scarica di energia che inizia sotterranea con la lunga intro di Mondo per poi esplodere nel gran lavoro della sezione ritmica e con le chitarre rock in primo piano. Come nella versione del Logico Tour, Jovanotti si materializza sul maxischermo per il suo rap mentre il pubblico doppia i coristi sulla seconda voce del ritornello. E sulla stessa vibrazione si innesta la successiva Logico #1, il brano simbolo di questa fase di Cesare, che sceglie di cantarla in mezzo al pubblico mentre prismi, laser e caleidoscopi accendono il palasport di mille colori. Io e Anna riporta i battiti alla normalità e sposta però di un’altra tacca la leva dell’emozione: questa volta non c’è il video con Tea Falco sullo schermo, ma l’intensità è la stessa del 2014 e, parlando di Anna, oltre che a Lucio Dalla mandante materiale di questo splendido brano, il pensiero corre a un altro grande bolognese, a Gianni Morandi, presente in tribuna proprio con sua moglie Anna. E nel rispetto dell’alternanza tocca nuovamente a un brano energico chiudere questa parte di set: già i suoni vertiginosi dei synth non lasciano dubbi, ma poi sugli schermi (su uno sfondo rosso azzurro e blu più adatto al Martini, in verità) appaiono le parole TI VA, e poi UN’ALTRA fino all’ormai evidente GreyGoose. E tante ragazze sognano di indossare i panni di Angelina, in particolare quelle che reggono un cartello con scritto “Vengo a darti il buongiorno” cui Cesare ammicca compiaciuto e ironico.

Per il set successivo, forse il momento più divertente della serata, serve una lunga introduzione: infatti deve essere allestito un palco acustico alla fine della passerella. L’idea, geniale, è quella di proiettare sullo schermo un bellissimo e falsissimo intervallo Rai (con l’inconfondibile colonna sonora) in stile anni ‘60 con alcuni luoghi tipici di Bologna (tra cui quello stadio Dall’Ara che Cesare si è ampiamente meritato e che prima o poi lo vedrà protagonista) con didascalie trasudanti bolognesità. L’ultima immagine rappresenta proprio la Unipol Arena e mentre il pubblico vede sugli schermi la copertina di un fantomatico LP d’antan che recita Bologna, Live Sessions 2015 – Cremonini Balestri Giuffredi Zucchetti Fontana, sul piccolo palco si è materializzata una jazz band con il Ballo al contrabbasso, Bruno Zucchetti al pianoforte e Andrea Fontana alla batteria, con buona pace del fido Andrea Morelli, alla chitarra, ma uncredited come direbbero a Hollywood. Il pezzo è una travolgente, trascinante, incredibile, sorprendente, spumeggiante e ironica Gli uomini e le donne sono uguali, la prima hit di Cesare solista nel lontanissimo 2002. Ed è qui, parlando di uomini e donne, che si inserisce la gag sulla percentuale femminile del suo pubblico, messa alla prova a fare il coro della seguente Una come te, a sua volta rivisitata in chiave jazz. Un momento indimenticabile che prelude al gran finale.

Per il quale Cesare esibisce un’incredibile giacca a righe rosse e blu, mentre con un’altra graditissima sorpresa apre la parte conclusiva del set: dopo tanto tempo torna in scaletta la bellissima Maggese che sembra provenire direttamente da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e che mette alla frusta l’intera band (che oltre ai musicisti già citati può contare sui cori di Gianluigi Fazio e Roberta Granà, su Michele Guidi alle tastiere e Alessandro De Crescenzo alla chitarra) per poi concludersi con un pantheon di personaggi di ispirazione che vanno a ricordare proprio la copertina del celeberrimo album dei Beatles. Ormai è ora di fare festa, ed introdotta da una lunga dissertazione sul valore delle canzoni in rapporto al tempo (“l’unico vero giudice che c’è là fuori”) ecco che esplode 50 Special e l’arena diventa una bolgia di cori, battimano e balli. Tanto che la giacca di Cesare si apre sulla schiena dal gran ballare, ma poco importa: ci avviciniamo infatti alla conclusione e anche se non c’è più Joe Tacopina (né si intravvede sugli spalti Joey Saputo) Marmellata #25, con il ricordo di Baggio e la sciarpa dimenticata da lei che diventa rossoblù, è come un atto d’amore per il Bologna e soprattutto per Bologna. Come dodici mesi fa il finale della canzone trova Cremonini a disegnarne la coda al pianoforte, come dodici mesi fa la segue Le sei e ventisei, altro inno alle insonni notti bolognesi del cantautore. Ed è con questa immagine che si chiude la scaletta ufficiale.

Ma come d’abitudine, a chiudere il cerchio lanciando uno sguardo dolce ma non malinconico sul passato e contemporaneamente un ponte verso un futuro che si auspica brillante, c’è l’unico bis concesso da Cesare e la sua band, la lunapoppiana Un giorno migliore. Per gli undicimila cuori di Casalecchio, quello del 31 ottobre lo è stato sicuramente.