Nel panorama musicale italiano della fine degli anni ’10, esiste un’evidente dicotomia tra due mondi paralleli, opposti e distanti rappresentata plasticamente dalle polemiche seguite al recente Festival di Sanremo: da una parte Mahmood (classe ’92), rappresentante di una scena alternativa assurta solo di recente a palcoscenici mainstream come appunto quello di Sanremo (suoni elettronici, iperprodotti, uso e abuso di autotune, testi spesso rabbiosi ispirati alla cultura trap). Dall’altra Ultimo (classe ’96), erede della migliore scuola cantautorale romana (da De Gregori a Venditti), con un suono basico e classico sia con il supporto della band, sia nei momenti più scarni e acustici costruiti solo su pianoforte e potenza vocale; e con testi intimi e ispirati alla sua vita, alle amicizie, al difficile rapporto col successo e, soprattutto, all’amore. Nonostante le valutazioni delle varie giurie di onore o di qualità, comunque le vogliamo definire, che hanno preferito la modernità, solo di facciata, di Mahmood, il terzo album di Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, conferma una volta per tutte il talento, la poetica e, appunto, la modernità, questa volta reale, del ragazzo di San Basilio.
Colpa delle favole è un album elegante, intenso, sincero, lineare nel songwriting, diretto, arrangiato e prodotto nel solco della migliore tradizione del pop melodico, privo di fronzoli e orpelli, ogni strumento al servizio della potente voce di Niccolò a sottolineare melodie e parole. Ed è proprio nella poesia finale La stazione dei ricordi che si riassume l’intera cifra stilistica del disco, un brano praticamente teatrale, recitato più che cantato, e punteggiato solo dalle note del pianoforte, una confessione a cuore aperto che parla della sua vita ma anche della sua musica. “Potrei cantare per cent’anni e direi le stesse cose, e non è monotonia è il mio rifugio personale” recita programmaticamente Ultimo, come a volerci avvertire che non si preoccupa di essere originale o di intrattenerci con argomenti vari: lui scrive per un’urgenza personale e le cose di cui parla sono quelle che lo definiscono come persona, prima ancora che come artista.
L’esigenza di esprimersi, i sogni, la lotta perenne contro il mondo, l’amore, gli amici; a cui si aggiunge, dopo il clamore seguito alla vittoria tra i giovani a Sanremo 2018 e il trionfo del secondo album Peter Pan, il difficile rapporto col successo “che è amico sul palco e t’ammazza nel resto” e che Niccolò vive quasi come un tradimento della vera essenza della propria arte, come appare evidente proprio in Fateme cantà, non a caso scritta in romanesco come a ribadire l’attaccamento alle proprie origini, e in altri pezzi come lo scoppiettante reggae di Aperitivo grezzo, brano quanto mai autobiografico e dedicato agli amici di sempre.
L’amore poi, l’amore che pochi artisti attuali sono ancora in grado di cantare, privilegiando temi sociali, o scene di vita quotidiana in cui l’amore è interpretato in chiave quasi esclusivamente fisica e raramente in accezione romantica. I tuoi particolari, il pezzo che avrebbe vinto Sanremo senza lo zampino delle giurie cosiddette d’onore, ha riempito l’airplay radiofonico negli ultimi due mesi ed è evidentemente ispirata dalla fine della sua storia con la fidanzata Federica. Spicca poi per lirismo e melodie il nuovo singolo Rondini al guinzaglio, che già si candida a coro da stadio in vista del concerto tutto esaurito allo Stadio Olimpico di Roma il prossimo 4 luglio; la dolce Piccola stella, uno dei primi brani scritti da Niccolò ancora minorenne, l’intensa Amati sempre che spazia tra parti da crooner ed esplosioni di potenza vocale, le malinconiche La casa che avevamo in mente e Quando fuori piove con il loro carico di rimpianti sono altre piccole gemme di un cantautorato che sembrava perduto e che trova nuova linfa nelle liriche del giovane Niccolò.
Non mancano tuttavia momenti più leggeri, come Ipocondria in cui Ultimo autoironizza sulla sua conclamata paura delle malattie, o la title track Colpa delle favole che dà il via all’album con un’inattesa carica di energia. Fermo è invece una delicata confessione e un’ammissione di stanchezza, per una volta senza rabbia, ma con malinconica rassegnazione, con un Ultimo quanto mai intimo e confidenziale; mentre la delicata Il tuo nome (Comunque vada con te) è l’ideale seguito de La stella più fragile dell’universo, tratta dal pluridecorato album Peter Pan.
Colpa delle favole risulta quindi un album ricco, classico nel senso migliore del termine, un lavoro ormai in grado di definire uno stile ben preciso del giovane cantautore romano, che riesce a mantenersi sempre dalla parte giusta del sottile equilibrio tra avere una cifra personale e riconoscibile e fare canzoni in fotocopia, con la giusta dose di ironia e autoironia senza tralasciare un gusto sottile per la citazione autoreferenziale. Impresa non facile, ma perfettamente riuscita.