Archivio mensile:Settembre 2015

Tenete un posto per Erica Mou

Erica Mou durante uno dei suoi showcase

Erica Mou durante uno dei suoi showcase

Se cercate un facile ritornello sanremese, leggero ed orecchiabile con una bella rima baciata da fare invidia a Eros Ramazzotti, non ascoltate Erica Mou. Se cercate un’altra cantante pop identica alla precedente, alla perenne ricerca della nota più alta, più lunga, più potente dentro a una canzone fotocopia, non ascoltate Erica Mou. Se cercate una ragazza copertina che fa parlare di sé per il look, per i flirt e per il gossip più che per la sua musica, non ascoltate Erica Mou. Se cercate Erica Mou sui grandi network radiofonici o nei principali programmi televisivi non la troverete. Ma cercatela altrove, perché ne vale la pena. Ed il suo ultimo lavoro Tienimi il posto chiarisce il concetto una volta per tutte, anche per i più difficili da convincere.

L’abbiamo apprezzata nel 2012 a Sanremo con la sorprendente Nella vasca da bagno del tempo, terza classificata nella sezione Giovani dopo aver collezionato tutti i premi della critica possibili, una canzone di una maturità sorprendente per una ragazza di 22 anni quale era Erica all’epoca e in cui espressioni solo apparentemente poco liriche come “lobi a penzoloni” trovano invece una perfetta collocazione poetica in un testo profondissimo e sorprendentemente adulto. Ce ne siamo definitivamente innamourati (così si chiama la sua fandom) l’anno successivo con l’album della consacrazione Contro le onde e soprattutto con il capolavoro Dove cadono i fulmini, la splendida sintesi di un lavoro in gran parte ispirato dal mare e ad esso dedicato. Ora, a due anni di distanza e dopo aver chiuso il rapporto con la Sugar di Caterina Caselli, la cantautrice di Bisceglie torna con il suo quarto album, ancora più maturo, ancora più intimo, ancora più personale grazie alla produzione curata dalla stessa cantante insieme con i suoi musicisti e collaboratori, un album quindi totalmente indipendente per il quale il MEI le ha attribuito un premio come prima cantautrice indie nella Top 25 dei dischi più venduti in Italia, proprio grazie a Tienimi il posto.

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Luciano e il suo popolo. Ligabue trionfa a Campo Volo

Il megaschermo allestito per Campo Volo 2015

Il megaschermo allestito per Campo Volo 2015

Difficile commentare il megaconcerto di Luciano Ligabue a Campo Volo prescindendo dalle considerazioni legate all’evento più che al concerto: numeri da record, afflusso da record, durata da record, allestimento da record, polemiche da record. Un paio di aspetti devono quindi essere chiariti subito: si è trattato della grande celebrazione di massa di un ego smisurato? Certamente sì, è stato anche questo. D’altra parte chi sceglie di salire su un palco e sottoporre la propria musica al giudizio del pubblico lo fa sognando esattamente quel momento, come spiega ottimamente lo stesso Ligabue nel manifesto Tra palco e realtà (“Abbiamo un ego da far vedere ad uno bravo davvero un bel po’”).

Valeva la pena paralizzare per una settimana un quarto di una piccola città di provincia per realizzare uno spettacolo di questa portata che ha praticamente raddoppiato il numero di abitanti di Reggio Emilia per una sera? Ancora una volta sì. E non tanto, prosaicamente, per il semplice indotto economico che l’evento ha inevitabilmente generato, ma proprio per l’evento in sé. Una grande festa, un bellissimo spettacolo, uno show che ha portato non solo Ligabue ma l’intera città sotto i riflettori delle televisioni, sulle prime pagine dei giornali, tra le onde d’etere delle radio. Indubbiamente i disagi per i cittadini di Reggio potevano e dovevano essere gestiti meglio, ma qui si esula dalle competenze e dalle responsabilità di una macchina organizzativa che per quanto riguarda quello che è successo dentro all’arena di Campo Volo è stata impeccabile.

Sgombrato il campo da questi dubbi, non resto che lo show, bellissimo. Il megaschermo collabora, senza essere invasivo, alla perfetta riuscita dello spettacolo, rilanciando per il 90 % le immagini del palco (a beneficio di chi proprio non può vederlo), talvolta creando giochi e frame tra il palco, la folla e le immagini dei vecchi videoclip. E non resta che la musica. Tanta. Tantissima. Infinita. 40 canzoni, 3 ore e 40 minuti di concerto con solo due brevi pause per il cambio palco tra le tre band che hanno accompagnato Luciano lungo il percorso attraverso tre diverse epoche della sua vita e della sua carriera. Come era ampiamente annunciato, infatti, in occasione del venticinquesimo anniversario del suo primo omonimo album, Ligabue lo ha suonato integralmente con la band di allora, i Clan Destino. Allo stesso modo ha eseguito per intero Buon compleanno Elvis, che invece compiva vent’anni, con La Banda che lo accompagnava nel 1995.

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Torino 5 settembre, la lezione di rock degli U2

Gli U2 suonano Invisible da dentro lo schermo

Gli U2 suonano Invisible da dentro lo schermo

Era il 1993 e un’intera generazione sognava di sentirsi cittadina della neonata Unione Europea, la Germania appena riunificata ne era l’emblema e Berlino, con i suoi frammenti di muro, ne era il simbolico centro. Due anni prima gli U2, cogliendo alla perfezione lo Zeitgeist, avevano registrato proprio a Berlino il loro capolavoro Achtung Baby, un album che avrebbe influenzato l’intera scena rock di tutti gli anni ’90 e non solo; un album spiazzante per i fans storici, una rivelazione per noi ragazzini che conoscevamo sì Pride e Sunday Bloody Sunday, New Year’s Day e With Or Without You, ma che all’epoca, fino a quel momento, eravamo presi da altri suoni.

E così quell’anno ero là ai miei primi concerti degli U2 (già perché uno solo mi sembrava poco) e in particolare ricordo il secondo, il 17 luglio al Dall’Ara di Bologna, subito dopo l’orale della maturità. Ad ascoltare quasi tutto Achtung Baby e a rimanere incantato da tutto il resto, dalle meraviglie estratte dai primi album, con il rammarico di ancora non conoscere a sufficienza quei riff coinvolgenti, quegli arpeggi in delay, quelle parole così sentite cantate dalla voce più emozionante che si potesse immaginare.

E poi c’era lo show. I maxischermi, le immagini, le scritte che scorrevano veloci, la televisione, la polemica sulla televisione. Prima Zoo TV e poi Zooropa, un modo allora del tutto innovativo di coniugare musica e spettacolo. Uno sguardo visionario sull’Europa che non avremmo voluto, su una società che stava cambiando e non necessariamente per il meglio.

Due rinnovi della patente dopo, i timori, le paure, i problemi, i temi all’ordine del giorno sono, non  troppo sorprendentemente gli stessi, e allora l’atmosfera che si respira all’Innocence+Experience Tour ricorda dannatamente quella di ventidue anni fa. Certo, sul palco non ci sono più le Trabant, simbolo della fu Germania Est, ma al centro di tutto c’è ancora l’Europa, e al centro dell’Europa c’è ancora la Germania, e al centro della Germania c’è ancora Berlino (e la sua cancelliera).

Attorno a questi temi si dipana una scaletta ricchissima e, a tratti, inattesa, ma anche perfettamente coerente nella sua logica linearità, sospesa tra l’esigenza di offrire il meglio di un repertorio ormai sconfinato e toccare i tanti temi cari a Bono. Il quale, per inciso, non rinunci al suo ruolo di predicatore e di combattente per le sue battaglie civili (una su tutte la fondazione RED che lotta per la ricerca sull’AIDS) ma lo fa con un garbo e una leggerezza, senza interrompere il flusso delle emozioni, che nei tour più recenti sembravano scomparsi.

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