Con l’ultimo torneo appena disputato a Mosca, si è conclusa la stagione 2014 di Camila Giorgi, una stagione impreziosita dalle prime due finali WTA, anche se purtroppo la prima vittoria nel circuito principale non è invece arrivata. Il bilancio 2014 è comunque più che positivo: Camila chiude la stagione al numero 35 del ranking mondiale (a fine 2013 era 93) con buone chance di ottenere una testa di serie ai prossimi Australian Open, nonostante il saldo pesantemente negativo in termini di punti degli US Open: primo turno nel 2014 contro il quarto turno nel 2013. Inoltre Camila mette nel suo palmarés due finali WTA, il suo best ranking al numero 31 il 25 agosto, l’esordio in Fed Cup e alcuni scalpi eccellenti come quelli di Maria Sharapova (Indian Wells), Dominika Cibulková (Roma), Vika Azarenka (Eastbourne), Caroline Wozniacki (New Haven) e Andrea Petković (due volte), oltre alle connazionali Pennetta e Vinci.
Personalmente, ho iniziato a conoscere Camila grazie al suo exploit a Wimbledon 2012, quando si aggiudicò sei match di fila, partendo dalle qualificazioni e fermandosi agli ottavi di finale, sconfitta solo da Agnieszka Radwanska, numero tre del seeding, dopo aver battuto tra le altre Flavia Pennetta e Nadia Petrova. Cominciai a seguire i suoi tornei e, come spesso mi accade, fui subito conquistato dalla sua apparente contraddizione: da una parte il suo aspetto dolce e delicato e dall’altra, a fare da contraltare a tutta questa grazia, una potenza e una forza atletica rara nello sport femminile. Se Camila da ferma sembra una modella, in gioco è un fascio di nervi e muscoli pronti a esplodere colpi al fulmicotone con anticipi degni del primo Agassi.
La sua condotta di gara, sempre spregiudicata al limite dell’incoscienza, è insieme la sua forza e la sua debolezza, ma la sua crescita in risultati e in ranking denota un netto miglioramento nella sua capacità di leggere gli incontri e i singoli scambi: già negli ultimi tornei dell’anno si è notato un deciso decremento del numero dei doppi falli per match (da sempre uno dei punti deboli di Camila) pur senza perdere incisività nella seconda di servizio; si sono visti finalmente winners giocati in un’area di sicurezza un po’ più ampia rispetto ai tre centimetri dalla riga cui ci aveva abituati, si è delineata un’ottima tenuta mentale in situazioni complicate come gli ultimi game del secondo set a Mosca contro la Pennetta, recuperando da 0-40 sul 4-3 e mettendo cinque prime nel gioco conclusivo. Tralasciando, ovviamente, il disastroso quarto di finale disputato sempre in Russia contro la giovanissima Kateřina Siniaková: un’antologia di ciò che invece Camila non deve fare.
Restano pertanto ancora amplissimi margini di miglioramento. Il servizio, per esempio, può diventare ancora più incisivo e la seconda palla ancora più sicura; in determinate occasioni (in particolar modo sulla terra battuta, dove la superficie non le restituisce tutta la potenza che mette nelle sue accelerazioni) Camila deve imparare ad essere più paziente, a giocare colpi interlocutori quando la sua posizione in campo non le permette di giocare un vincente, senza sentirsi obbligata a sparare sempre tutto, aprendo invece il campo ai vincenti dell’avversaria.
Deve inoltre superare prima possibile il blocco del championship point: in entrambe le finali perse, a Katowice con Alizé Cornet e a Linz con Karolina Plišková, Camila ha avuto a disposizione un match point che non è riuscita a sfruttare. È vero che si tratta di due giocatrici con ranking superiore e forse al momento più attrezzate di lei sul piano mentale, ma occorre invertire subito la tendenza prima che quello che può essere un semplice caso sfortunato diventi una sindrome. All’apparenza Camila è sempre fredda e concentrata, ma forse quando gioca punti di grande importanza non ha ancora tutta la tranquillità necessaria per affrontarli con serenità.
Da una ragazza dal così grande talento (velocità di braccio non comune, capacità di giocare colpi in difesa praticamente inginocchiata senza mai cedere metri di campo, buon tocco) e dai mezzi atletici superiori alla maggior parte delle sue colleghe, è lecito aspettarsi una crescita importante per il 2015 e per l’intero suo futuro. D’altra parte pur non essendo più una bambina (23 anni il prossimo 30 dicembre), Camila è ancora molto giovane, soprattutto in un tennis dove non ci sono più le baby-wonder come Jennifer Capriati, Monica Seles, Martina Hingis, Justin Henin, Kim Clijsters o le stesse sorelle Williams. È un tennis con due ultratrentenni nelle Top Ten, e in cui Na Li e Francesca Schiavone conquistano il loro primo slam a 29 anni compiuti.
D’altra parte in un’ipotetica classifica Under 23, Camila si troverebbe al numero 10 dietro a Simona Halep, Eugenie Bouchard, Garbiñe Muguruza, Karolina Plišková, Anastasia Pavlyuchenkova, Elina Svitolina, Madison Keys, Belinda Bencic e Zarina Dyas. E tra queste, oltre ad Halep e Bouchard che sono stabilmente nelle Top 10 e che salvo clamorose involuzioni si contenderanno diversi Slam in futuro, la concorrenza per talento e prospettive si riduce alla coetanea Muguruza (una predestinata) e alla “bimba” Bencic che con i suoi 17 anni è la più giovane Top 100 e promette meraviglie.
È probabile, come sostengono in tanti, che un ulteriore miglioramento di Camila passi per l’affiancamento di un vero coach che la guidi sia in allenamento, sia nelle strategie prima e durante i match. Senza nulla togliere a papà Sergio che l’ha guidata fino a qua, credo che il definitivo salto di qualità possa essere aiutato da un ex giocatore in grado di esercitarla sia sui colpi più deboli (in particolare il servizio, il colpo più semplice da allenare) sia a livello mentale e tattico sull’approccio alla gara.
Camila deve necessariamente migliorare i suoi record negli Slam per poter ambire a un ruolo da Top 10 che per talento e capacità merita ampiamente. Ad oggi vanta due quarti turni in carriera (Wimbledon 2012, US Open 2103) ma appena tre secondi turni nel 2014. Il che, da un altro punto di vista, è un’ottima notizia perché mette a disposizione di Camila diverse centinaia di punti per cercare di agganciare quota 2000 e un ingresso nelle Top 20. A patto, ovviamente, di raggiungere costantemente gli ottavi con qualche incursione nei quarti, a cominciare già dai prossimi Australian Open; con una testa di serie e un tabellone non proibitivo nulla è impossibile.