Se c’è un’artista sottovalutata nel panorama musicale italiano questa è assolutamente la bravissima Paola Turci. Forse perché troppo mainstream per il mondo indie (che peraltro Paola ha frequentato) che troppo spesso guarda al circuito delle major con un po’ troppa spocchia, forse perché troppo indipendente (per fortuna!) per entrare nel frullatore mediatico che trasforma cantanti di caratura ben minore in popstar artificiali, adibite a mere macchine per la produzione di denaro. Fatto sta che pur avendo nel corso di una carriera lunga ormai più di trent’anni ottenuto il plauso unanime della critica (con una sorta di abbonamento, per esempio, al premio della critica sanremese) e del pubblico, competente, che la segue, resta l’impressione che non sia considerata una delle grandissime della musica italiana come ampiamente meriterebbe.
Un’ennesima dimostrazione della sua bravura si è avuta poche sere fa in occasione della tappa reggiana del suo Il secondo cuore Tour, durante la quale ha incantato il pubblico del Teatro Valli di Reggio Emilia con una performance maiuscola per intensità, energia, eleganza e feeling. E con una scaletta incentrata sui brani del suo ultimo fortunatissimo album intitolato proprio Il secondo cuore (da cui piuttosto sorprendentemente restano esclusi due piccoli gioielli come La fine dell’estate e Nel mio secondo cuore), probabilmente il lavoro più riuscito della cantautrice romana, grazie a una maturità artistica raggiunta attraverso un lungo percorso ricco di sfide e di idee nuove e anche grazie alla collaborazione con la bravissima autrice romana Giulia Anania (oltre che con Enzo Avitabile e con Luca Chiaravalli alla produzione), che affianca Paola nella scrittura di gran parte dei brani dell’album.
Un percorso, quello di Paola, iniziato nell’ormai lontano 1986 a Sanremo con la prima partecipazione al Festival nella sezione Nuove Proposte (L’uomo di ieri) e consolidato con la vittoria nella categoria Emergenti tre anni dopo con l’indimenticabile Bambini, uno dei non rari pezzi di impegno sociale e civile che caratterizzano da sempre il repertorio di Paola, che interpretava già allora la fine degli anni ’80 sulla scia delle Edie Brickell, delle Tracy Chapman e delle Tanita Tikaram (chitarra a tracolla e attitudine da folk-singer) che si contrapponevano al pop disimpegnato di Madonna e delle sue eredi ormai in rampa di lancio.
Un cammino che ha visto Paola evolversi e trasformarsi, vestendo panni sempre nuovi, da pura interprete a cantautrice fatta e finita, passando attraverso un gusto raro per la rielaborazione e la reinterpretazione di cover straniere poco scontate: dalla Luka di Suzanne Vega degli esordi fino a This Kiss (Questione di sguardi) che senza la sua versione probabilmente sarebbe passata inosservata alle orecchie distratte degli italiani che non si fossero imbattuti nel film Amori & incantesimi. Un gusto che contamina positivamente anche le sue esibizioni live, in cui dosa con grande maestria i propri brani originali e le sue cover più famose.