Fabrizio De André è uno dei pochi artisti in grado di unire sotto il segno della sua musica più generazioni. La prova tangibile di questo suo potere, rimasto intatto a 16 anni dalla sua scomparsa, la si è avuta nel corso dello spettacolo “Giovani sogni per voce e orchestra” organizzato dal teatro di Casalgrande a lui intitolato nell’ambito dei “Faber Days”, la rassegna interamente dedicata al cantautore genovese nei giorni del compleanno del teatro, inaugurato proprio nel dicembre di otto anni fa.
E così sul palco del primo (e al momento unico) teatro intitolato alla memoria di Fabrizio De André sono saliti i giovanissimi (dai 10 ai 14 anni) musicisti della Mikrokosmos Orchestra, diretti dalla maestra Irene Bonfrisco con la partecipazione al pianoforte di Cristina Debbi; due generazioni della famiglia Vicari, papà Gianquinto voce e chitarra e il figlio Emilio chitarre e bouzouki, in rappresentanza del progetto Anime Salve, una tribute band di Parma che da 15 anni mantiene viva la memoria di De André portando le sue canzoni in giro per l’Italia. E soprattutto è salita sul palco Violetta che ha interpretato con la consueta classe e con grande intensità alcuni brani di grande impatto del grande Faber, regalando loro una ritrovata freschezza con il solo accompagnamento della sua chitarra acustica. E per me, che amo De André da 25 anni e Violetta da… uno, è stata una serata magica.
Violetta è la prima a salire sul palco e ad incantare con una sentita e quasi eterea interpretazione di Geordie, accompagnata da un misurato tappeto sonoro dell’orchestra che mette in rilievo tutta la sua intensità vocale. Lascia poi spazio ai giovani orchestrali che eseguono Le Nuvole dall’omonimo album con l’ausilio della voce narrante di Fabiola Ganassi e poi Il suonatore Jones e Valzer per un amore. Dopo l’intermezzo strumentale l’orchestra lascia il palco, e tocca nuovamente a Violetta, in versione voce e chitarra, regalarci la sua interpretazione di alcune delle ballate più belle di De André. A cominciare da una toccante Un blasfemo, tornata prepotentemente di moda ultimamente, alla quale Violetta dona una splendida sfumatura di malinconica dolcezza grazie alla sua sensibilità interpretativa. Piacevolmente sorprendente la scelta di S’i fosse foco, la celebre ballata tratta integralmente dall’impertinente sonetto di Cecco Angiolieri, il poeta toscano contemporaneo di Dante divenuto famoso proprio rompendo gli schemi stilnovisti con i suoi scritti provocatori e goliardici. E a sentire Violetta che la canta, sembra proprio che anche lei si diverta un mondo in questo irriverente elogio delle passioni terrene.
Via del Campo riporta invece l’attenzione sui temi più cari a De André: una delle strade più malfamate di Genova, una prostituta descritta con la dolcezza e la grazia di norma riservate a principesse e nobildonne. Violetta si immerge con la sua consueta eleganza in una serie di immagini fortemente evocative (“vende a tutti la stessa rosa”, “tutta notte sta sulla soglia”, “gli occhi grigi come la strada”) fino all’illuso che pensa di poterla fare sua per sempre. Il trionfo dell’amore, anche nel suo lato più fisico, con toni lirici più spesso utilizzati per la celebrazione dell’amore romantico. Violetta chiude alla grande, riuscendo a personalizzare con una sillaba in più anche una delle frasi più ricordate di De André: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. E, come anticipato da lei stessa quando ha lanciato l’evento, Violetta chiude il suo set sulle note di La canzone di Marinella, chiudendo il cerchio con uno dei primissimi brani della carriera di De André e di sicuro quello che gli ha regalato la fama, grazie anche all’interpretazione di Mina. E non è chiaro se sia più sorprendente che a distanza di 50 anni la forza evocativa di questa canzone sia rimasta intatta o che una ragazza di 19 anni possa entrare in maniera così sublime nelle pieghe di un pezzo del 1964 con tale naturalezza e semplicità. Ma Violetta ormai non ci stupisce più.
Esaurito il suo set, Violetta cede il palco a “una parte” delle Anime Salve che a loro volta disegnano un percorso attraverso diversi album di De André, partendo da La buona novella (con Il sogno di Maria) fino ad arrivare a un altro grande classico come Il pescatore. Passando per Un matto, Nella mia ora di libertà, Andrea, Â duménega in dialetto genovese, la sempre emozionante Fiume Sand Creek e l’immancabile Don Raffaè. Per il gran finale rientrano sul palco l’orchestra e Violetta per un’altra esecuzione di Geordie, arricchita dalle chitarre della “famiglia Vicari” e per una doppia Volta la carta, ripetuta a fine concerto davanti alla grande richiesta di bis da parte del pubblico. Chiudendo così una serata in cui hanno vinto tutti di cui Faber, che pure amava gli sconfitti più dei vincitori, sarebbe stato orgoglioso.