La misura della crescita dei Negrita negli ultimi anni la dà la lunga lista di brani storici non presenti nella scaletta della seconda tappa del tour di promozione del loro ultimo album 9, attualmente nella Top 5 della FIMI dopo il debutto direttamente al numero uno. D’altra parte dopo oltre vent’anni di carriera il repertorio della band aretina è talmente vasto che l’ovvia e insindacabile scelta di dare spazio ai nuovi brani comporta necessariamente tagli dolorosi.
Non che i ragazzi si risparmino sul palco dell’Unipol Arena di Casalecchio, tutt’altro: due ore di show, ventitré brani suonati tra vecchi successi e novità, una scarica di energia rock con pochi orpelli, sonori e visivi, poco spazio per le ballate e tante chitarre graffianti. Pau è il solito splendido, incredibile, animale da palcoscenico, di gran lunga il miglior frontman nel panorama musicale italiano: canta, balla, salta, corre, parla, scherza, intrattiene, emoziona. Drigo invece ha l’aria di uno capitato lì per caso ma quando attacca i suoi riff killer si capisce che l’energia è tutta nel plettro, mentre Mac lo asseconda con la sua ritmica a formare quel suono ruvido e onesto che è la cifra stilistica della band. Completano la formazione Ghando alle tastiere, Cris alla batteria e l’ultimo arrivato Giacomo (Rossetti) al basso.
Dopo un breve countdown al contrario, da 1 a 9, con varie immagini di Pau, Mac e Drigo sui maxischermi, la band sale sul palco alle nove in punto (e non poteva essere altrimenti) e attacca subito con una tripletta dal nuovo album: Mondo politico, Poser e Baby I’m In Love. Delle prime due già sono stati pubblicati video e singoli promozionali ed entrambe confermano la grande attenzione per l’attualità e il mondo che ci circonda nella stesura dei testi, testi mai banali e sempre densi di significato, a prescindere dal tema trattato, sia esso politico e sociale, di amore, o semplicemente di evasione. Poser, in particolare, è un contro-manifesto artistico che prende le distanze con la consueta ironia dall’abuso dei social network.
Superati in apnea i primi tre brani, Pau inizia il suo show da entertainer a tutto tondo, introducendo il primo tuffo negli anni novanta che scuote per la prima volta l’arena: “Se siete ancora qua dopo tanti anni vuol dire che un po’ ci assomigliamo”. È il preludio a In ogni atomo, seguita immediatamente dal singolo di esordio Cambio dell’ormai lontano 1994. Tra le poche ballate presenti in scaletta, una menzione speciale per Se sei l’amore, tratta dall’ultimo album, di cui Pau offre un’interpretazione sofferta e magistrale, grazie anche a un testo bellissimo e molto sentito. Se i Negrita non sono mai stati teneri con le istituzioni religiose, è altrettanto vero che il loro rapporto con la spiritualità è più travagliato e controverso. Nelle parole disperate di questa canzone emerge tutto il tormento di un uomo pieno di dubbi davanti alla cruda realtà che lo circonda. Un pezzo di grande impatto emotivo.
Tornando a giocare coi numeri (“Siamo arrivati al nono album, lo sapete?”), Pau introduce scherzando la splendida La tua canzone, spiegando che tra questi nove album ogni tanto si sono divertiti a pubblicare live, raccolte e rielaborazioni. Come proprio nel caso di Déjà Vu, da cui il brano che dominò per mesi l’airplay radiofonico nel 2013 è tratto. A seguire è la volta di un altro singolo da classifica, quella Brucerò per te che, con la sua atmosfera rarefatta e vagamente malinconica di chitarre liquida, vive in bilico tra nostalgia e amore, tra il passato dei ricordi e il futuro del titolo.
Mentre ben altri ricordi sono quelli che accompagnano l’allegra 1989, un brano dedicato alla propria gioventù prima ancora che all’anno che sconvolse la geografia di mezza Europa e di una buona fetta di mondo. Un brano rimasto nel cassetto una decina di anni e adesso riproposto con un arrangiamento in linea con i suoni del nuovo album. Poi Pau cede momentaneamente il microfono a Drigo che interpreta la sua Splendido, per poi unirsi a lui nell’accelerato finale.
È il momento più impegnato dello show: dalla satira al vetriolo in salsa africana di Radio Conga alle violente invettive de Il libro in una mano, la bomba nell’altra, passando per la sempre attuale Bambole che, benché scritta nel 2001 rivela ancora tutta la sua forza evocativa: “E mi hanno sempre fatto credere che /nell’incertezza è meglio prendere / ma se io prendo chi è che dà”. Ritmo umano (che nella versione dell’album vede la partecipazione di Ted Neeley) prelude al gran finale, che invece cede alla leggerezza: l’irresistibile surf di Un giorno di ordinaria magia, splendido omaggio a Los Angeles, la sensualità di Magnolia, la travolgente Rotolando verso sud, l’incendiaria A modo mio, con l’arena sconvolta da un’onda d’urto di suono che balla e salta a tempo. E infine la chiusura del set ufficiale con la meravigliosa Ho imparato a sognare, che Pau, Mac e Drigo eseguono sul secondo palco, in fondo alla passerella a forma di T, in mezzo alla gente.
I bis si aprono con l’ottima Il gioco, il primo singolo tratto da 9, attualmente in rotazione radiofonica, seguita da un tris di brani tra i più amati dal pubblico dei Negrita: l’inno alla vita di Che rumore fa la felicità?, la storica Mama maè, resa celebre dal film Così è la vita, e il congedo dolce e malinconico della struggente Gioia infinita con l’augurio più bello che ci si possa scambiare: “pace, amore e gioia infinita”.