È finita come da pronostico: per una volta il vincitore annunciato fin dalle audizioni è uscito dal conclave del Forum ancora papa e non retrocesso a cardinale come spesso è accaduto. Anche se, secondo i dati del televoto, Lorenzo Fragola ha superato per una sola incollatura (51,74 % contro 48,26 %) il compagno di scuderia Madh con cui ha condiviso lo scontro finale per aggiudicarsi il titolo di X Factor 8.
Quella di Lorenzo, il cui talento rimane indiscutibile, non è stata pertanto una cavalcata trionfale, nonostante sia stato costantemente davanti a tutti nel televoto in tutte le manche di tutte le puntate esclusa la prima del sesto live in cui è stato superato proprio da Madh. A riprova di un sostanziale livellamento (se verso l’altro o verso il basso lo dirà la storia) di questa edizione, soprattutto dopo l’assurda eliminazione di Emma Morton, di sicuro la presenza più interessante dell’annata per personalità, presenza, voce e maturità. A guardare i dati, Emma è stata decisamente mollata dal pubblico dopo la sua Daddy Blues, che pure essendo di gran lunga il migliore tra i brani originali presentati dai concorrenti, evidentemente non era adatto al pubblico eccessivamente pop della trasmissione. Una volta esclusa Emma dalla finale, c’era una buona ragione per tutti e quattro i finalisti per meritare il successo. E c’era allo stesso modo una buona ragione per non meritarlo.
Mario, per esempio, era il protagonista meno atteso della finale e come da copione ha salutato la compagnia dopo il suo duetto con Arisa, che potenzialmente aveva tutte le chance per essere il migliore della serata ma alla fine è risultato un po’ sotto tono. La vittoria di Mario sarebbe stato il trionfo del cantautorato viscerale e sincero contro i lustrini del pop patinato che inevitabilmente permea questo come altri talent show. Un trionfo che Mario avrebbe meritato per essersi messo alla prova anche con pezzi in inglese e lontanissimi dal suo mood senza però mai perdere la sua identità e difendendo sempre e comunque la sua scelta di stile. D’altro canto, credo che per tutto quanto premesso, Mario Garrucciu fosse il primo a sapere che quello di X Factor non fosse certo il suo habitat ideale, che la sua immagine poco glamour e la sua musica legata alla tradizione (nel senso più nobile del termine) non avrebbe fatto impazzire né il pubblico né la Sony, che infatti non si è neppure sognata di pubblicare il suo EP. A dimostrazione di questa discrasia tra la sua attitudine da cantautore folk e il mondo dei talent show c’è la brutta fine che ha fatto il suo ottimo brano All’orizzonte nelle mani dell’industria discografica.
Ilaria ha avuto dalla sua parte una voce molto bella e interessante, ancora più impressionante considerando i suoi soli 16 anni, e una serie di esibizioni convincenti e totalmente prive di imprecisioni, per le quali avrebbe sicuramente meritato la vittoria. Quella della giovane livornese è una voce assolutamente da preservare e da valorizzare con ben altri pezzi rispetto alla sua My Name che, con tutto il rispetto che le si deve se è vero che è stata scritta dalla stessa Ilaria a soli 15 anni, sembra la cover di altre 15 canzoni con qualcosa di più che citazioni varie, da Adele a KT Tunstall. Un brano debole e strasentito con dei comprensibilissimi difetti di scrittura che l’iperproduzione cui è stato sottoposto cerca inutilmente di nascondere affogandoli nei suoni. E qui veniamo all’altra faccia della medaglia anche per Ilaria: un pezzo originale debole; un duetto in cui non è riuscita ad emergere, limitandosi a fare il controcanto a Tiziano Ferro; un percorso disegnato dal suo giudice Victoria di grande banalità, intriso di ballate strappalacrime per accaparrarsi la facile commozione del pubblico. Sono questi i punti interrogativi che ancora lasciano dubbi sulla vera identità di Ilaria Rastrelli.
Madh avrebbe meritato la vittoria per l’incredibile crescita che ha saputo sviluppare nell’arco del talent show: personalmente non lo avrei nemmeno scelto per i live e nelle prime due puntate è risultato al limite dell’indisponente oltre che vocalmente impreciso; un’impressione che ha avuto anche il pubblico a casa dal momento che in base ai voti ottenuti, nelle prime due puntate si è salvato dall’ultimo scontro per un pelo. Poi piano piano ha acquisito sempre più sicurezza e credibilità, puntata dopo puntata è risultato sempre più maturo, preciso e convincente fino ad arrivare alla finale da dominatore. Il suo duetto con Malika Ayane è stato ottimo nonostante il pezzo non fosse uno dei più noti; la sua interpretazione di Heartbeat, un pezzo dalla difficoltà tecnica altissima, è stata perfetta; la sua performance con il suo brano Sayonara è stata di grande impatto, nonostante la canzone sia decisamente molto alternativa per il contesto di X Factor, anche con la produzione ruffiana il giusto che ha cercato di renderla appetibile per un pubblico che non frequenta moombahton e questi generi di musica. Però c’è un però: a differenza di tutti gli altri concorrenti al buon Marco Cappai non è stato mai chiesto di “sporcarsi le mani”, Fedez ha deciso che avrebbe sempre cantato in inglese e che non sarebbe mai uscito dal suo mondo di hip-hop ricco di contaminazioni, ma il talento che deve emergere da X Factor dovrebbe essere in grado di esprimersi su più registri, mentre di Madh non sapremo mai come se la cava con altri tipi di canzone. Insomma, un po’ troppo facile.
Lorenzo, infine, come detto aveva già ottimamente impressionato ai provini sia come interprete sia come autore, dal momento che il brano portato alle audizioni (da cui sarebbe poi nata The Reason Why) aveva messo in luce una qualità e una maturità compositiva sorprendente. Va detto che nel corso dei live Lorenzo non ha mai deluso, risultando particolarmente convincente nei brani in italiano e con impronta cantautorale, ma non c’è stato il cambio di passo, la crescita costante che di norma caratterizza i talenti di X Factor, anche quelli che partono da una base più che buona. Inoltre il suo primo singolo, stritolato da logiche produttive a cui ovviamente non è stato in grado di opporsi, ha perso gran parte della magia che portava con sé la versione intimista voce e chitarra, per finire banalizzato nell’ennesimo tormentone pop. Il talento c’è e le possibilità di fare bene anche, lo ha dimostrato anche nel duetto con Gianna Nannini riuscendo a dare nuova freschezza e nuova linfa a una canzone francamente intollerabile. La sua scolastica interpretazione di Rewind potrebbe essere il viatico alla nascita di un Paolo Nutini italiano al 100 % e non solo per metà, a lui però toccherà il duro compito di difendere la sua anima e la sua identità da chi ne vorrà fare l’ennesimo teen idol da dare in pasto alle fragolinerz.
Ultime considerazioni generali sulle novità di questa edizione, che in gran parte non trovo particolarmente riuscite. Discutibile, a mio avviso, la scelta di liberalizzare l’inglese per i brani originali presentati in semifinale, a prescindere dai buoni risultati di vendita che proprio le canzoni anglofone stanno ottenendo. Posto che ognuno debba essere libero di esprimersi nella lingua e nei modi che più gli si addicono, un talent show che si pone come obiettivo la ricerca della prossima pop star italiana dovrebbe essere maggiormente legato alla discografia italiana e inserirsi in quel solco: si può suonare internazionali anche nella nostra lingua e forse proprio questa è la sfida più interessante.
Sempre a proposito di brani originali, non ho trovato corretto che Mario e Lorenzo potessero portare come “inediti” i brani che avevano già proposto alle audizioni. In particolare Lorenzo è arrivato alla semifinale con oltre 3 milioni di visualizzazioni su You Tube e ha ovviamente beneficiato di una canzone che, pur nella deprecabile produzione che non smetterò mai di contestare, era già nelle orecchie del pubblico da mesi rispetto ad altri ascoltati veramente per la prima volta. Ugualmente ho trovato scorretto che i brani siano stati pubblicati già subito dopo la semifinale (l’anno scorso rimasero su iTunes per errore solo per poche ore) e che quindi si sia arrivati alla finale con una pseudoclassifica già stilata dal numero di download (guarda caso identica alla classifica finale) e con The Reason Why già certificata disco d’oro. È come trasmettere la finale di Sanremo una settimana dopo l’uscita delle canzoni con tanto di Top Digital Download alla mano.
Bene invece la collaborazione dei talenti alla stesura (in parte o in toto) dei propri brani originali. C’è da augurarsi che sia stato vero per tutti e non sia stata solo una trovata per non sminuire i soli interpreti rispetto ai cantanti e autori; X Factor rimane comunque una competizione per interpreti ma se i ragazzi hanno la possibilità di fare intravedere anche le loro doti autorali è sicuramente un valore aggiunto e una pratica da incoraggiare.
Una pratica da scoraggiare totalmente è invece quella delle manche da un minuto e dei medley senza capo né coda come avvenuto nella famosa puntata del “gioco dei nove” ma anche in finale con i duetti. Già è piuttosto svilente dover ridurre le esibizioni in cut di soli due minuti, ridurre ulteriormente la durata trasmette un insostenibile senso di Karaoke, come quando Fiorello faceva cantare le persone in piazza trenta secondi ciascuna. Due minuti di esibizione contro sette o otto tra presentazioni, commenti dei giudici e clip introduttive sono francamente una miseria e, se tutto il contorno serve solo per dare il tempo di effettuare i cambi palco di Luca Tommassini, beh onestamente vale la pena di buttare a mare sia Tommassini sia le sue scenografie; e con i soldi risparmiati mettere sul palco una band, suonare dal vivo e limitarsi a una scenografia da concerto con luci e schermi. D’altro canto la musica dovrebbe essere al centro dello show. O no?