Archivi tag: verona

Da un’Arena all’altra: 35 anni di Duran Duran

Simon Le Bon, John Taylor e Dom Brown sul palco dell'Arena

Simon Le Bon, John Taylor e Dom Brown sul palco dell’Arena

C’è un’intera generazione che dovrebbe chiedere scusa ai Duran Duran. Intendiamoci, loro se ne saranno sicuramente fatti una ragione, mentre raggiungevano le vette delle classifiche di tutta Europa, riempivano gli stadi di mezzo mondo e i sogni di milioni di ragazzine alle prese con le prime battaglie contro i propri ormoni. Ma se è vero come è vero che la leggenda secondo la quale gli anni ’80 hanno rappresentato il vuoto culturale (e quindi musicale) è già stata smontata pezzo per pezzo da altri molto più bravi di me, Simon Le Bon e soci sono stati ingiustamente trattati come fenomeni da baraccone per troppo tempo, in quanto rappresentanti massimi di quella nuova ondata (soprattutto britannica) che si impose a partire da quegli anni. Accusati di fare musica di plastica come dei Modà qualsiasi, e altrettanto ingiustamente etichettati come una patinata boy band ante litteram.

D’altra parte, all’epoca, dopo un decennio duro e cattivo, contraddistinto da austerity, anni di piombo e voglia di ribellione, gli anni ’80 si presentarono con giacche di lustrini e paillettes. Da una parte l’edonismo reaganiano, dall’altra la iron lady Margaret Thatcher, in mezzo Bettino Craxi e la Milano da bere: fine della rabbia punk, inizio dell’era del glitter e del mascara; no alle chitarre sfasciate, sì ai sintetizzatori e alle prime diavolerie elettroniche. In tutto ciò si fece più caso alle mèches di Simon Le Bon e all’eyeliner di Nick Rhodes che al basso avvolgente di John Taylor o ai ricami della chitarra di Andy. Eppure tutti quelli che avevano un minimo interesse per la musica e un giradischi in casa possedevano il vinile di Arena, senza obbligatoriamente stazionare davanti al Burghy di San Babila con un Moncler addosso. Perché se altrove gli anni ’70 avevano significato Ramones, Clash e Sex Pistols, dalle nostre parti avevano significato soprattutto Brigate Rosse. Tanto valeva provare a lasciarseli alle spalle ed abbracciare la New Wave.

Continua a leggere

La crescita costante di Violetta Zironi

Violetta Zironi sul,palco di Vinitaly (© Paola Conti)

Violetta Zironi sul,palco di Vinitaly (© Paola Conti)

Dopo diversi mesi di astinenza durante i quali, per vari motivi, non ho avuto la possibilità di assistere a concerti di Violetta Zironi non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di una doppietta in terra veneta, unita all’opportunità di abbinare due suoi concerti a un weekend tra le bellezze di Padova e Verona. Sia sul palco un po’ improvvisato dell’Osteria Barabba di Padova, sia su quello ben più strutturato di Piazza dell’Arsenale di Verona, nell’ambito degli eventi di Vinitaly and the City, Violetta si è trovata perfettamente a suo agio, esibendo un repertorio rinnovato ma come sempre fedele alle sue radici e al suo percorso musicale. E ho potuto constatare, non che ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma, che Violetta è ormai diventata una one-girl band, in grado di reggere da sola qualsiasi palco, forte solo della sua voce, della sua chitarra e del suo ukulele.

Quella che si propone al pubblico veneto, quindi, è una Violetta già molto cresciuta e maturata rispetto a soli pochi mesi fa e la cui crescita continua inesorabile e incessante grazie alle preziose esperienze che sta collezionando in Italia e in tutta Europa: le recenti date a Berlino, Parigi e Londra; le tappe italiane, e non solo, ospite dell’amico Jack Savoretti, al cui tour continua a partecipare; le sessioni di songwriting con Pedro Vito, il chitarrista dello stesso Savoretti; le tante partecipazioni a Radio 2 Social Club con Luca Barbarossa su Radio 2.

Violetta imbraccia la sua Epiphone acustica (riducendo, giustamente, il numero di pezzi che interpreta con l’ukulele) e guida il pubblico in un viaggio lungo la strada della sua musica, che parte da radici lontane e a stelle e strisce, ma che poi approda fino ai giorni nostri, unendo il piacere della modernità al gusto per le meraviglie del passato: così country, bluegrass, blues e rockabilly si mescolano e si alternano fino a sfociare in maniera del tutto naturale nei brani originali composti da Violetta, che reinterpretano la tradizione arricchendola di elementi contemporanei, e tra cui spicca la splendida Every Little Ghost che rimane intatta in tutta la sua forza e intensità anche in versione voce e chitarra, dopo averla conosciuta nel bellissimo arrangiamento brit-pop fatto con la Social Band proprio a Radio 2.

Continua a leggere